La bicicletta nasce in Francia alla fine del XVIII secolo, quando Mède de Sivrac progetta e costruisce il primo 'celerifero'. In poco più di un secolo si passò dalla draisina tedesca al biciclo, fino alla moderna bicicletta di inizio XX secolo. Ma fu con Alfredo Oriani ( ph: la bicicletta di Oriani, Museo il Cardello) che essa si legò al turismo e alla scoperta del territorio.

 
La bicicletta
Oriani e la nascita del cicloturismo

MARTEDI 9 GIUGNO 2020 | DI CLAUDIO FRANZONI | TEMPO DI LETTURA: 4 MINUTI

*Questo articolo è uscito nel numero di Maggio-Giugno 2020 di Terre & Culture, nella rubrica Terre d'autore

 

 

Ogni territorio, come abbiamo già più volte scritto, è composto da ambiente, antropizzazioni, storie, ricordi, tradizioni, attività e personaggi che hanno vissuto in quei territori e che ne tramandano con il loro ricordo la storia. Oriani è personaggio controverso, nel senso che, leggendo varie critiche più o meno attuali, sfugge ad una categorizzazione unanime. Da Scrittori dell’Ottocento e del primo Novecento di Carlo Calcaterra (SEI Torino, 1933) si legge: “Alfredo Oriani nacque a Faenza nel 1852 e morì nel 1909. Nelle prime sue opere amò mostrarsi scettico o negatore, cinico e satanico; ma, tra errori e sviamenti, la sua vita e la sua arte furono una ricerca di liberazione da ciò che aveva d’impuro la sua umanità e di elevazione verso una concezione superiore della vita.   Questo intimo dramma oggi appar chiaro nelle sue opere, soprattutto nel più forte suo romanzo, La disfatta, dove il protagonista, deluso dalla filosofia scientifico-positivista, si pone alla ricerca di Dio, e nell’ultimo suo libro di battaglia spirituale, La rivolta ideale, che è tutto contro il materialismo e il positivismo, angusti e ciechi. Nel campo storico-politico i suoi volumi più importanti sono Matrimonio (in difesa della famiglia), Fino a Dogali e La lotta politica in Italia. Raccolte vive di saggi e novelle sono: Oro, incenso e mirra, Ombre d’occaso. Bellissime pagine sono inoltre nell’opera La bicicletta. Molti suoi articoli, taglienti e aguzzi, furono da ultimo riuniti ne’ due volumi Fuochi di Bivacco e Punte secche, che apparvero postumi”. 

Della sua vasta letteratura vorremmo parlare del libro La bicicletta, per quello che è stata per lui e per quello che riguarda il turismo oggi. Pubblicato da Zanichelli nel 1902 non senza travagli, non riuscì, come molta della letteratura dell’Oriani, ad avere il successo che gli spettava. 
L’idea di scrivere un libro sulla bicicletta fu suggerita a Oriani da un ragazzo faentino, Adolfo Mergari, che nel 1894 era diventato il suo “maestro di bicicletta”. Lo iniziò a scrivere subito dopo il ritorno a Casola ( in provincia di Ravenna) dal viaggio di circa due settimane iniziato domenica 30 luglio dal Cardello, pedalando poi per Faenza, Forlì, Santa Sofia, valicando l’Appennino alle Mandriole, poi giù fino alla Verna, a Camaldoli, Poppi, Siena, Pisa, Bologna, Faenza, e infine di nuovo il Cardello. Oriani crede molto nella sua opera non solo per la sua originalità, ma anche per farla diventare, precorrendo i tempi, un libro “pubblicitario” non solo sulla sua terra, Casola Valsenio, ma anche sui territori da lui toccati quale supporto per altri turisti, magari in bicicletta anche loro. La critica scriverà del libro che alcune parti, tra cui la visita al Santuario della Verna, sono da annoverare tra le più limpide ed eleganti, e che comunque tutto il racconto è da considerare degno di rilevanza per la sua spontaneità, attenta osservazione, immediatezza descrittiva. Infatti Oriani vive la bicicletta, in questo suo peregrinare, come un mezzo per conoscere la vita delle persone che incontrava, le bellezze naturali, le chiese, le pievi, i torrenti, le colline, la libertà che gli dava pedalare, lontano dalla sua vita non senza ombre del Cardello, la sua casa- museo, inizio e fine delle sue gioie, poche, e delle sue pene. Leggendolo sembra di rivivere l’entusiasmo che accompagnò i turisti del Gran Tour, in quella lunga missione nell’Europa continentale intrapresa dai ricchi dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo, con partenza e arrivo in una medesima città, destinato a perfezionare il loro sapere e riempire pagine e pagine sulla nostra bella Italia e i suoi luoghi sconosciuti, tra il mangiare, il ridere e il dormire.

Ed è quello che ha fatto, a suo maniera, Oriani: partire dal Cardello e al Cardello tornare arricchito da un’esperienza che sarà indimenticabile. Indubbiamente Oriani non poteva prevedere il successo che avrebbe avuto nei decenni successivi la bicicletta quale mezzo di locomozione, la necessità di averla per andare a lavorare, o di usarla come mezzo di trasporto per le innamorate sul “cannone”, o per le mondine, fino ad arrivare all’epoca del grande sport, a Coppi, Bartali e via fino ai giorni nostri quando, causa coronavirus, si assiste ad un vero boom dell’acquisto della bicicletta, diventata nel frattempo elettrica. Oriani questo non lo poteva immaginare, ma oggi, ed è qui motivo per ricordarlo, nel nuovo turismo che si sta delineando, non più legato ai grandi luoghi, ai grandi viaggi, ma al turismo di prossimità, la bicicletta sta ri-diventando un mezzo unico allo scopo, da vivere come scriveva e faceva Oriani magari, con “il panino al salame e una bottiglia di Chianti”.

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