
La festa dei frutti dimenticati
Scrivere di frutti dimenticati evoca il passato, un’erba, un frutto, un albero che sono stati cancellati dalla memoria e con essi la quotidianità che li accompagnava. Un tempo fondamentali, sia perché fornivano sostentamento, sia per le loro proprietà curative, oggi merce rara. I nostri contadini li piantavano vicino casa, a volte addirittura a ridosso dei muri, per questioni puramente pratiche: ogni pianta non veniva messa a dimora casualmente, ma serviva per cibo, cure e alimento per il bestiame, la loro funzione estetica era puramente secondaria. Ogni frutto era ricco di sapori, di colori. Oggi, a causa delle loro dimensioni che devono essere calibrate, della deperibilità, perché a maturazione naturale e quindi stagionale e non rifinita in frigo, della esiguità della produzione, dal sapore particolare che è diventato, paradossalmente, troppo sapido e a cui i nostri palati non sono più abituati, sono stati con i decenni abbandonati, rischiando ora l’estinzione.
E con la loro estinzione non si perderanno solo biodiversità, ma anche modi di dire, parole in dialetto, le storie che i nonni raccontavano nelle stalle. La nostra tradizione. Abituati ai supermercati, ma non per i sapori che sono sempre più non sapori, uniformati a standard dettati più dalla commercializzazione che non dalla ricerca della bontà e dalla sanità del prodotto. Ci siamo dimenticati che questi frutti, pur non producendo grandi quantità di prodotto, rappresentavano la continuità di produzione in tutto l’arco dell’anno, fresca e genuina, da portare sulle nostre tavole e scuole, e non solo merce di importazione della cui sanità e processi produttivi ne siamo all’oscuro. Così a maggio le mense si riempivano di more di gelso, a giugno le prime pere, mele, ciliegie e albicocche, ad agosto le corniole, a settembre l’uva, in autunno le castagne, melograno, sorbe e nespole. Un legame che diventava quasi spirituale, che si è diluito nel mare del mercato globale e della omologazione.
Ed ecco, allora, la necessità di salvaguardare queste piante e, insieme, la biodiversità. E ben vengano gli eventi, sagre e feste, come quelle di Casola Valsenio e di Ferrara, che hanno per oggetto i frutti dimenticati, perché ci regalano, ancora, ceste piene di profumi, colori, frutti e tradizioni che abbiamo troppo in fretta dimenticato.