Bologna - Las Palmas solo andata
Diario di viaggio di un italiano all'estero

VENERDI 18 DICEMBRE 2020 | DI COSIMO ZICHICHI MENDIS | TEMPO DI LETTURA: 10 MINUTI

**Questo articolo è uscito nel numero di Novembre-Dicembre 2020 di Terre & Culture, nella sezione Latitudine28

 

 

In un giorno di settembre appena trascorso l'occhio mi cade su una frase in un negozio di Castel San Pietro Terme: "E venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiusa in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare". (Anais Nin). Faccio la foto e la mostro alla mia compagna: "Guarda, questa è per noi", le dico. Stavamo già organizzando la partenza. La decisione era nata mesi prima, poco dopo il lockdown. La mia scuola doveva iniziare il 21 marzo... ma evidentemente un'intelligenza più grande aveva già deciso diversamente. Così ci eravamo guardati negli occhi: re-iniziare tutto da capo? Tanto valeva farlo nel posto che già desideravamo in un futuro più lontano: Gran Canaria. Nella nostra Italia, amata e vissuta con tutto il cuore infiniti lunghi anni, negli ultimi tempi troppe cose erano diventate il peggio del peggio, e persino i bolognesi sembrava avessero dimenticato la loro proverbiale gentilezza. Diverso era stato nelle mie e nostre visite alle Canarie: trovavamo sempre qualche locale che ci offriva spontaneamente il suo aiuto, dedicandoci qualche minuto del suo tempo. Era stato così anche in luglio, pur essendo anche loro in piena assurdità Covid, quando eravamo andati non più come turisti, ma per trovare casa da ottobre: ottobre, prima di un'altra eventuale follia collettiva, giusto il tempo per rientrare e fare le valigie.

Già da luglio avevamo iniziato a liberarci dalla burocrazia italiana e dai mobili della casa in affitto. Poi, dopo le informazioni sulla burocrazia spagnola, la burocrazia è una pandemia, avevamo deciso che ci saremmo andati in auto, importandola: è semi-nuova, e alle Canarie valgono di più perché non c'è smog e non ci sono limitazioni al traffico. Il viaggio prevedeva anche un saluto agli anziani "nonni" a Losanna, con soli trecento chilometri di deviazione. Il 22 settembre l'auto era carica: oltre a noi due sui sedili anteriori forse restava il posto per un paio di infradito... ma per fortuna ero riuscito a non caricare niente sul tetto: decisamente preferibile per i circa 2500 chilometri che ci attendevano. Dopo aver chiuso tutte le utenze e riconsegnato la casa al legittimo proprietario, passiamo l'ultima notte dall'amico Gianni di Villa Lenzi che gentilmente ci offre il garage per riparare l'auto da occhi indiscreti.

Il passo del Sempione mi è sempre piaciuto, costa qualche chilometro in più ma lassù a duemila metri trovi sempre un paesaggio, sia estivo o invernale, dove vale la pena scendere dall'auto e fare qualche foto. Così faccio anche stavolta, per giungere poi a Losanna prima di cena. La cittadina svizzera non si smentisce neppure stavolta: pioggia, quasi pioggia, pioggerellina, pioggia forte... la città più piovosa d'Europa. Ma anche qui troviamo i segni che confermano la nostra decisione: la pioggia ci risparmia sia quando arriviamo sia quando ripartiamo, il 26 mattina. Il traghetto, a circa 2200 chilometri a Sud ci attende per il 29 alle 13.26 settembre ore 10: da Losanna a Ginevra, poi in Francia, dove poco lontano dalla nostra autostrada ci fermiamo per un'altra visita di piacere e saluto a una cara zia. Da lì in poi per tutto il giorno ci accompagna un'acqua torrenziale sino alla prima notte prenotata con largo anticipo a Narbona in un bed and breakfast con spazio al sicuro per l'auto stracolma. Di Narbona, città storica, non possiamo vedere niente, l'acqua allaga persino il marciapiede per entrare in casa... Ci sfamiamo con una pizza (quasi pizza) dall'unico che consegna ancora a domicilio, causa Covid o causa pioggia o causa ora tarda non sappiamo...

La sveglia rigorosamente puntata alle 7 per i circa 650 chilometri giornalieri programmati ci fa partire in perfetto orario. "Mare mare" alla radio... e prima dell'ultimo salasso autostradale francese arrivano in lontananza i Pirenei con le cime innevate prematuramente. España stiamo arrivando! Il primo "autogrill" ci accoglie con le loro ottime patatine fritte fatte in casa e un bel panino, anzi due, perché mi mancavano, con Paleta de Bellota, una delizia tutta particolare del loro prosciutto.

La prima grande città che ci viene incontro è Barcellona, la amo soprattutto per le opere uniche di quel genio di Gaudì, ma la nostra "rotta" la circumnaviga solamente, stavolta un traghetto ci attende tra due giorni, e a Barcellona potremo tornarci più avanti con i voli scontati del 75% per residenti canari. Velocità di crociera impostata, traffico leggero di domenica 27, la nostra prossima notte sarà oltre Valencia, con una piccola deviazione dall'autovia Valencia-Madrid dalla quale poi piegheremo ancora più a Sud, verso Huelva. Proprio passando Valencia mi accorgo che da parecchio sto guidando con lo stesso paesaggio attorno, distese infinite di alberi... ma che alberi sono? Ci facciamo più attenzione, sono tutti olivi! Sulle alture valenciane, per un buon centinaio di chilometri! Sono cresciuto in mezzo a duemila olivi toscani, ma mai avrei immaginato tali estese coltivazioni. E sia tra le alture dei Pirenei, sia qui, non scorgo e certo non mi mancano gli innumerevoli pali della luce del nostrano Enel che inquinano il paesaggio di quello che fu un Bel Paese. Così come l'indomani non vedrò, su una delle principali autostrade spagnole dal manto perfetto, tutti quei mezzi pesanti che rendono le nostre strade impraticabili. L'Italia forse già non mi manca più. E neppure i pedaggi italiani e francesi: da prima di Valencia l'autopista (autostrada a pedaggio) diventa autovia (autostrada gratuita) e le spese del nostro viaggio si sono praticamente dimezzate.

27 settembre, pomeriggio: arriviamo con largo anticipo a "Casa Cabriel", il nostro alloggio a Villagordo del Cabriel, un paesino sulla zona montagnosa a circa cento chilometri dopo Valencia verso Madrid. La nostra seconda tappa è conclusa, i gestori gentilmente ci indicano anche l'unico ristorante del paese, distante solo un paio di centinaia di metri. Inizio servizio dopo le 20:30, prima ci sono gli anziani con birre a carte per l'happy hour. Qui il fuso orario voluto da Franco, in onore della Germania amica e in odio dell'Inghilterra nemica, scandisce ancora la vita degli spagnoli. In realtà scopriamo che accanto c'è anche un altro bar con lo stesso tipo di servizio, quindi nel paese sono due i bar che si trasformano in ristoranti quando gli anziani vanno a cenare a casa. Decisamente meno dei numerosi gatti ben tenuti che incrociano la nostra piacevole passeggiata. Oltre al menù alla carta, il proprietario ci dice che il piatto del giorno è la paella: vi ci fiondiamo senza indugio, e facciamo bene, buonissima e abbondante a soli 15 euro in due, birre incluse, su una pratica tovaglietta di carta.

28 settembre ore 21:30: Restaurante Bar Casa Ramos, Avenida Andalucia 1, Niebla, una cittadina di campagna a trenta chilometri dal traghetto di domani. Ci siamo arrivati a piedi tra gli alberi di limoni ai lati della strada che dal nostro alloggio entra in paese. Anche questo un risto-bar come quelli della sera prima, anche qui si cena dalle 9 in poi. Questa volta scegliamo dal menù due ration (porzioni), una di calamari alla piastra (chipirones a la plancia, con aglio e prezzemolo) e una di gambas al ajillo, letteralmente gamberi all'aglino, in realtà molto più -one che -ino, ma qui amano i diminuitivi e i vezzeggiativi. Ino o one che sia, uno dei nostri piatti spagnoli preferiti. Annaffiati con birra e accompagnati da un buon dolce, stavolta riusciamo a spendere dieci euro a testa.

Poche ore prima eravamo arrivati in paese per la nostra ultima notte sulla peninsula, come qui chiamano la Spagna continentale. Avevo prenotato una finca che dalle foto su Booking sembrava molto bella, fin troppo per i 40 euro chiesti per la notte. Avevo telefonato con la solita domanda per un posto auto protetto, il proprietario che parlava perfettamente inglese mi aveva risposto che potevo lasciare l'auto all'interno della proprietà recintata e chiusa da un grande cancello coloniale. Troviamo le chiavi pronte per noi nella cassetta della posta fuori dal cancello.

La finca è una grande casa con ampie scale di accesso sotto un porticato di legno bianco e azzurro. Proprio come nelle foto. Al lato del portico un grande tavolo e dei disegni sul muro che indicano presenza di bambini. Al telefono il proprietario ci dice che il nostro alloggio è la casa a fianco, sempre nella proprietà. Entriamo e ci accoglie un ampio ingresso-soggiorno, una bella camera, un bagno con vasca e un angolo cucina ben attrezzato. Sul retro un piccolo recinto con alcune oche e galline, e la piscina, essenziale e perfettamente in linea con lo stile della casa. Ho già deciso di lasciare la mia recensione su Booking con i massimi voti intanto che l'ennesimo gatto mi viene incontro per cibo e carezze. Il proprietario, sempre al telefono, ci indica il nome di un paio di ristoranti, scegliamo Casa Ramos perché si raggiunge a piedi. Ma abbiamo ancora un tre ore prima dell'ora di cena, così scendiamo al supermercato vicino per procurarci il necessario per la colazione dell'indomani e un paio di scatolette per il gatto che ha deciso di attenderci sulla soglia del nostro alloggio.

Il mattino seguente, prima della nostra partenza, conosciamo il proprietario. Ci viene incontro dai suoi campi per salutarci. Mi dice che prima la sua finca era sempre piena di gruppi di bambini che venivano per imparare tante cose sulla campagna. Ora noi siamo i primi ospiti da sei mesi a questa parte... Entrambi mentre parliamo usiamo la mascherina per rispetto della legge, entrambi ci diciamo senza dircelo che tutta questa storia non ha senso... Lo saluto augurandogli di cuore suerte, mentre penso che la follia umana collettiva sta facendo sparire le cose più belle dal mondo.

Con largo anticipo siamo al porto traghetti, in attesa con altri in anticipo come noi. Quando aprono i cancelli per l'imbarco tutto funziona velocemente senza nemmeno la necessità di scendere dall'auto: biglietto elettronico e scansione documenti dal finestrino. Non so se sia per il Covid o no, ma infinitamente più piacevole di quando mi imbarcai dal porto di Genova per Palermo, dovendo passare da un ufficio all'altro prima di avere il foglio di imbarco sul parabrezza.

Sulla nave abbiamo la nostra cabina per le 37 ore di navigazione che ci attendono. Abbiamo scelto la formula più conveniente, con tutti i pasti inclusi per soli 25 euro a testa. L'orario della partenza sono le 16:00, ma con nostra grande sorpresa alle 15 l'altoparlante ci invita al self-service per il pranzo. Ci accoglie una grande paella di gamberoni come primo e vari secondi. Non posso fare a meno di prenderla, anche se avevamo già mangiato dei panini non immaginando incluso anche questo pranzo pre-partenza. Salpiamo in orario su un oceano che rimarrà calmo per tutti i 1400 chilometri di oceano da Huelva.

Tra altri pasti abbondanti, un po' di sole sul ponte, qualche birra in bicchieri rigorosamente di plastica ecologica, arriviamo allo scalo di Santa Cruz de Tenerife alle 22:30 dell'indomani. Il nostro atterraggio a Las Palmas è previsto per le 4:20 del mattino seguente, ma pur sapendo che ci attende una levataccia, non possiamo fare a meno di goderci il porto con le sue luci, nel piacevole tepore della nostra prima notte alle latitudini canarie.

Dopo lo sbarco a Las Palmas de Gran Canaria tentiamo la ricerca di un bar aperto in città: dobbiamo arrivare per le 9 all'appuntamento col proprietario per la consegna del nostro bungalow a Maspalomas, e da Las Palmas sono solo 35 minuti di autovia...

Finalmente, già in autostrada, c'è un bar pieno di operai e poliziotti del turno di notte. Tra caffè e cornetti vi passiamo le ore che restano all'appuntamento. È la mattina del primo ottobre, la luna è piena. Tra tre giorni, dopo aver sistemato tutto il contenuto dell'auto nel piccolo ma accogliente bungalow e aver fatto amicizia con i due gatti che dormono sulla tenda parasole del vicino, passeremo il nostro primo pomeriggio in spiaggia: quella delle famose dune da cui si scorgono, se giri la schiena all'oceano, i picchi rocciosi e vulcanici del centro isola. È passato un anno dalla nostra ultima settimana da turisti su quest'isola, era ottobre 2019 e il virus non lo avevano ancora inventato: ora so che quella sottile eppur forte intenzione che allora si era generata sta diventando una nuova vita.

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