Un fenomeno che prosegue in maniera inesorabile. Secondo il Global Forest Resources Assessment 2020, dal 1990 ad oggi il nostro pianeta a causa della deforestazione incontrollata ha perso un patrimonio forestale di oltre 420 milioni di ettari (ph: Chester, California, by Roya Ann Miller, Unsplash).
GIOVEDI 12 OTTOBRE 2020 | DI CLAUDIO FRANZONI | TEMPO DI LETTURA: 3 MINUTI
*Questo articolo è uscito nel numero di Settembre-Ottobre 2020 del magazine Terre & Culture, nella sezione TerraNews
Nella terza edizione del volume Siamo al verde. Dalla crisi energetica alla sfida per l’ambiente (In.edit edizioni, 2020) ho ribadito, come sono anni che ripeto, questa riflessione: finché non ci sentiremo noi stessi parte della natura, faremo sempre troppo poco per cercare di mettere un freno alla crisi ambientale, rimanendo invece fermi in un'inutile farsa e in un grande show. Ora tocca a noi scegliere e in fretta. Possiamo rappresentare la salvezza come la disfatta.
Per parametrizzare questa frase, prendo ad esempio l'Overshoot day.
L'Overshoot day è il giorno nel quale entriamo in debito con gli ecosistemi naturali per le risorse che consumiamo. Quest'anno è caduto il 23 agosto, quasi un mese dopo il 19 luglio del 2019 (fonte: Global Footprint Network). Cosa vuol dire? Che da questa data, e fino alla fine di quest'anno, consumeremo risorse che la Terra non è in grado di rigenerare sottraendole al futuro. È bene specificare a riguardo che la Terra impiega 1 anno e 8 mesi per rigenerare le risorse che consumiamo in un anno, quindi è come se consumassimo le risorse di 1,6 pianeti.
Non dimentichiamoci, anche, che oltre la metà dell'impronta ecologica dell'umanità (ovvero la superficie necessaria per sostenere i consumi e i rifiuti solidi e gassosi di ogni individuo, gruppo e nazione, in altre parole la superficie totale che otteniamo dalla somma dei territori richiesti da ogni tipo di consumo e di scarti di una popolazione) è costituita dall'impronta di Carbonio (che è la quantità di area forestale necessaria ad assorbire le emissioni di anidride carbonica generata dalle attività umane e fornisce l'idea della domanda esercitata dal pianeta derivante dall'uso dei combustibili fossili) che dal 1970 ad oggi, misurata in ettari, è più che raddoppiata.
Detto in altri termini, immettiamo in atmosfera più gas serra di quanto la Terra, attraverso le foreste e gli oceani, riesca ad assorbire. Semplificando ancora: è come se la spesa per alimentarsi crescesse più del reddito.
Abbiamo constatato col lockdown che si è invertita la curva della perdita di biodiversità, ossia la natura si stava riprendendo. Sono bastati tre mesi, giorno più giorno meno, per ottenere risultati visibili, fatto che ci ha confermato che, decarbonizzando l'atmosfera, non solo si incide sulla crisi del clima, ma si ottiene un miglior equilibrio sulla bilancia che vede su un piatto l'impronta ecologica e sull'altro l'impronta del carbonio.
Una “boccata d'ossigeno”, insomma, per tutta la biodiversità vegetale e animale che costantemente mettiamo insensatamente a repentaglio, come, in questi giorni, gli incendi in California e in Brasile che, per la maggior parte, per una ragione o per un'altra, sono causati dall'uomo.